Un seminario dedicato alla vecchiaia e alla conoscenza del significato che l’invecchiamento assume nelle diverse tradizioni spirituali, per favorire il confronto e il dialogo fra religioni e generazioni
Milano – Si conclude con un evento dedicato alle persone anziane e con una riflessione interreligiosa sulla vecchiaia, il ciclo di conferenze “Insieme per prenderci cura”, attivato nel 2015 grazie alla partnership tra Biblioteca Ambrosiana Associazione Medica Ebraica, CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana e Ordine degli Infermieri Collegio IPASVI Milano-Lodi-Monza e Brianza.
«Abbiamo voluto concludere – commenta il presidente del Collegio Giovanni Muttillo – concentrandoci sugli anziani e i loro bisogni spesso inattesi, in particolare nel mondo dell’assistenza, dove le risposte per questa fascia di popolazione in costante aumento sono sempre meno soddisfacenti. Oggi l’attenzione è particolarmente incentrata su ciò che il territorio può offrire, su un’assistenza che si sposta dall’ospedale al domicilio dell’anziano. È la grande sfida, che chiama in causa prima di tutto l’infermiere di famiglia, e a seguire i servizi territoriali».
Anche se, come illustra il professore in Geriatria dell’Università degli Studi di Milano Carlo Vergani, oggi assistiamo a un contrasto: da un lato, in un secolo gli anziani sono passati a rappresentare dall’8 al 23 per cento della popolazione, con una speranza di vita alla nascita da 63 a 83 anni, dall’latro lato vi è una tendenza a rifiutare questa fase della vita, questo adattamento dell’organismo, e a trascurarla anche dal punto di vista politico. Occorrerebbe invece una seria riflessione che porti al mainstream dell’aging, con la vecchiaia non più considerata una sorta di tabù, ma una vera e propria “corrente centrale” della politica.
«Cosa significa curare gli anziani fragili nelle strutture riabilitative e residenziali? – si domanda Luigi Cesare Bergamaschini, professore in Geriatria all’Università degli Studi di Milano – Sicuramente significa tenerne in considerazione i bisogni e valutare accuratamente la dimensione affettiva e relazionale. Non ci sono, ad esempio, dati sui suicidi in casa di riposo, perché un anziano non compie un gesto violento. Ma quante persone si lasciano andare, semplicemente perché non hanno una motivazione a continuare nel loro percorso? Prendersi cura della persona significa infatti non solo curare, ma considerare l’individuo nella sua globalità, perché è in questa globalità che si esprimono i bisogni».
«I quali – aggiunge Anna Castaldo, Direttore didattico CLI sezione IRCCS Fondazione Don Gnocchi – devono essere soddisfatti nel luogo giusto e nel momento giusto, altrimenti la risposta al bisogno non è appropriata. È ovvio come per una risposta appropriata siano necessari non solo la buona volontà dell’operatore, ma anche risorse economiche e organizzative adeguate perché il progetto di assistenza deve essere un progetto di vita».
Del ruolo cruciale degli operatori per affrontare le esigenze di questa fascia della popolazione sono ben constapevoli aTrieste, dove l’infermiere di comunità è una realtà e le strutture per anziani ospitano utenti per un massimo di 90 giorni, dopodichè la persona viene reindirizzata al proprio domicilio. «A Trieste – commenta Barbara Ianderca, Responsabile SSD Servizio Infermieristico Distretto 1 – la percentuale di anziani è elevata: le persone con 65 anni e più sono il 28 per cento, e il nostro indice di vecchiaia è il più alto in Italia. Sono persone che prevalentemente vivono da sole, spesso con una condizione di disabilità. Abbiamo numerose infermiere di comunità, che lavorano secondo un modello abilitante, ossia un modello che guarda alla funzione, a cercare di mantenere attivo l’anziano, per trasformare il bisogno di assistenza in un diritto positivo sviluppando l’integrazione socio-sanitaria e il capitale sociale».
Nella seconda sessione dell’evento, il focus si sposta sulla visione religiosa, su come ciascun credo percepisce, condivide e vive la terza età e la vecchiaia. Giuseppe Platone, Pastore valdese, spiega come l’eccessiva concentrazione sul presente, segno tipico della decadenza, si rifletta anche sul welfare, che sta vivendo una fase di impoverimento. E a sanare questo impoverimento stanno i figli degli anziani, oggi sempre meno coinvolti e più lontani, magari perché all’estero. «È per questo che la storia dei valdesi è permeata dalla costruzione di residenze per anziani, perché qualcuno oggi deve pensare a loro, e perché domani la stessa sorte toccherà ai giovani. Con una certezza: il tessuto sociale delle comunità piccole rende più accettabile e confortevole la vecchiaia».
Sul tema dell’anzianità e dell’importanza di trovare uno spazio e un tempo per rispondere ai bisogni degli anziani si interroga anche la religione ebraica, come commenta David Elia Sciunnach, Rabbino rav assistente Rabbino Capo di Milano: «La Bibbia ci dà diversi insegnamenti di cui l’ebreo deve tenere conto. Onorare i genitori, e quindi anche i nonni e gli antenati, è un dovere per noi, che si traduce in tre risposte: assistenza materiale in primo luogo, quindi vicinanza e comunicazione, infine preghiera».
Anche la religione islamica riserva un’attenzione particolare alla fine della vita, illustra Abd al- Hakim Carrara, Vice Presidente della CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana. «La nostra visione considera la vita come uno stato transitorio e preparatorio, ma a mano a mano che la persona invecchia, nel Corano si parla di una sempre maggiore benevolenza da parte di Dio, perché la vecchiaia diventa occasione di nuove opportunità e nuove possibilità di conoscenza ed esperienza».
E il buddismo offre come risposta la persona: «Riprendendo una citazione di Gandhi, per cui la civiltà di una nazione si vede da come tratta gli animali, io direi, la civiltà di una nazione si vede da come tratta gli anziani – illustra il monaco buddista Tenzin Khentse, dell’Istituto Ghe Pel Ling –. Se non c’è spiritualità, non c’è vera morale. E troppo spesso l’anziano viene vissuto come un topolino troppo lento nella ruota che fa girare il meccanismo consumistico. Ma a questo punto è il singolo a fare la differenza, il singolo operatore con le sue scelte, la sua capacità di essere utile, partecipe, empatico».
Anche per questo motivo il gruppo di partner
organizzatore ha da poco pubblicato un manuale che spiega come curare un paziente nel rispetto del suo credo: “Salute e identità religiose”, per un approccio multiculturale nell’assistenza alla persona, patrocinato da Regione Lombardia. Il manuale verrà presentato nell’occasione di una serie di incontri itineranti a cura del gruppo Insieme per prenderci cura.
Il primo si terrà in Regione presso
la sala Pirelli il prossimo 6 giugno alle ore 11.00,
il successivo alla biblioteca civica di Tradate, il prossimo 22 giugno alle ore 20.30.
La strada intrapresa – conclude Monsignor Pier Francesco Fumagalli, Vice Prefetto della Biblioteca Ambrosiana – è stata certamente interessante e proficua. A questo punto non ci resta che procedere con nuove iniziative che diano visibilità al progetto e consentan la divulgazione dei contenuti di questo volume e degli incontri svolti. La collaborazione continua».
Ufficio Stampae Comunicazione
24/05/2017