LONDRA fa shopping di infermieri a Milano. L’ospedale St George’s — una delle istituzioni sanitarie più grandi e importanti di tutto il Regno Unito — ne cerca cinquanta e lo fa nella sede dell’Afol (Agenzia per la formazione e l’orientamento al lavoro) della città Metropolitana, tramite il programma europeo Eures, con una selezione pensata ad hoc per gli italiani, e in particolare per i milanesi. Mercoledì ci sarà la prima prova, quella scritta, e subito dopo il colloquio orale, che verrà fatto via Skype.
Per gli aspiranti infermieri in terra inglese le prospettive sono allettanti. I 50 selezionati avranno diritto a stipendi che vanno dalle 26mila alle 33mila sterline, che corrispondono a una cifra tra i 36mila ai 47mila euro lordi. Il lavoro sarà di 37,5 ore settimanali a cui si aggiungono straordinari e festivi extra pagati. Il contratto è da subito a tempo indeterminato e a orario pieno. E le opportunità di carriera non mancheranno. I requisiti richiesti non sono del resto nulla di impossibile: oltre ovviamente alla laurea in infermieristica, serve soltanto un buon livello di inglese che dovrà essere dimostrato durante le prove.
Ma perché i grandi ospedali inglesi vengono a cercare infermieri qua in Italia?
«Innanzitutto perché le competenze dei nostri sono elevate — dice Giovanni Muttillo presidente dell’Ordine degli infermieri di Milano — abbiamo standard riconosciuti a livello internazionale. E in particolare sul territorio milanese le competenze sono di alto livello ».
Ci sono però anche altre motivazioni. Una su tutte la grande disponibilità di personale che c’è da noi: basti ricordare che, appena due settimane fa, a un concorso bandito dalla Usl di Verona sono arrivate 4.800 domande per un solo posto a disposizione. «Purtroppo questi ragazzi se ne vanno per necessità e non per sfruttare un’opportunità come magari succedeva fino a qualche anno fa — aggiunge Muttillo — Da noi ci sono poche assunzioni e questo è particolarmente vero in Lombardia, dove stiamo facendo una battaglia contro il governatore Maroni per chiedere lo sblocco delle graduatorie dei concorsi pubblici. È una scelta illogica e irragionevole, quella del Pirellone: gli ospedali sono sotto organico eppure chi è in attesa da più di tre anni non può neanche pensare di partecipare ai concorsi. Sono proprio questi laureati che se ne vanno in Germania, Scozia o Inghilterra. E sono una perdita per il nostro Paese che investe sulla formazione e poi lascia andare via i suoi infermieri».
Tuttavia non manca anche chi sfrutta queste occasioni come opportunità di crescita personale e di carriera. In Inghilterra agli infermieri sono consentite attività che qui da noi sono precluse, come ad esempio la possibilità di prescrivere alcuni farmaci. «Milano è in Italia il luogo di partenza e di arrivo per giovani in cerca di formazione e lavoro — dice Mattia Granata, vicepresidente di Afol — . Per questo servono servizi efficienti che accompagnano questi processi. Quella che viene fornita è una prestazione flessibile in grado di rispondere in modo rapido alle esigenze e alle richieste del mercato del lavoro. Nel campo sanitario negli ultimi anni c’è stata un’inversione di tendenza. Fino al 2010 infatti eravamo noi che importavamo lavoratori dall’estero, ad esempio dalla Spagna. Ora invece gli infermieri italiani sono molto ricercati all’estero».